ATTIVITA' DEL MUSEO                 ATTIVITA' SCOLASTICA                MOSTRE E CONVEGNI

  

Verso la fine del 1980, le Edi­zioni di Comu­nità pub­bli­ca­rono Adriano Oli­vetti:. Desi­gne Aso, Xanti Cha­win­sky per lo stu­dio Bog­gieri mani­fe­sto per la MP1 anno 1935. Fu pro­get­tata nel 1920 da Camillo Oli­vetti, con il diret­tore gene­rale Dome­nico Bur­zio.. Liceo Manzoni di Caserta in visita al Muditec Pasquale Catone, Mauro Nemesio Rossi, Antonio D'Onofrio, Filippo Terrasi

GLI ORARI DEL MUSEO

cesaf maestri del lavoro

STORIA LOCALE

michele se n'è andato

Michele, mi hanno detto che se n'è andato. L'hanno trovato in cella. Se ne è andato in silenzio. Lo ricorderò sempre con il suo silenzio. "Zio Michele", lo chiamavano così. Era di Palma Campania. Non so perché fosse finito in prigione. Non lo chiedo mai e non voglio saperlo. Sono più di dieci anni da quando l'ho conosciuto, la prima volta a Bellizzi. Sempre in disparte. Sembrava non volesse interessarsi dei nostri incontri, ma era sempre presente. In silenzio. Aveva l'aria di chi riceveva il massimo rispetto. Lo chiamavano così, "zio Michele", con aria bonaria.

 

 

Giuseppe Ferraro è professore di Filosofia Morale (Università "Federico II" di Napoli),  tra i più vicini alla nostra associazione.  impegnato nelle carceri, nelle scuole dei luoghi d'eccezione, indirizza il suo impegno alla prospettiva "una città che si fa scuola", esercitando la filosofia come educazione ai sentimenti ed etica dei legami. Tra le sue pubblicazioni più recenti Filosofia in carcere, La scuola dei sentimenti, L'anima e la voce, Imparare ad amare.

l'approfondimento

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Adriano Olivetti e lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia

Pub­bli­cato sulla Rivi­sta "Pro­spet­tive meri­dio­nali"  nel corso di una inchie­sta sulla indu­stria­liz­za­zione del Mezzogiorno.

1958-02-PROSPETTIVE MERIDIONALI-01L'industrializzazione del Mez­zo­giorno potrà essere inten­si­fi­cata, e rag­giun­gere lo svi­luppo indi­spen­sa­bile al pro­blema ita­liano n. I — il pieno impiego della mano d'opera — sia avviato a solu­zione, solo se il mez­zo­giorno stesso verrà a far  parte di un piano orga­nico nazionale.

 I prov­ve­di­menti sinora esco­gi­tati dal Governo, seb­bene abbiano por­tato a un lode­vole inte­resse degli indu­striali del Nord verso il pro­blema meri­dio­nale — esse che può con­si­de­rarsi senza dub­bio inco­rag­giante (vedi il con­ve­gno del CEPES a Palermo) — non pos­sono  con­si­de­rarsi ancora adeguati.

1) La reda­zione di sif­fatto piano, che potrebbe essere chia­mato Piano Indu­striale Orga­nico, affi­data ad un  certo  numero di per­sone di larga espe­rienza indu­striale assi­stite da uno «staff» o di tec­nici, eco­no­mi­sti,. Sta­ti­stici, –sarebbe rela­ti­va­mente facile.

2) La  messa in opera del piano richie­de­rebbe invece una azione  coor­di­nata dei pub­blici poteri, dell'IRI (che dovrebbe avere parte rile­vante nell'operazione) e delle aziende indu­striali pri­vate  par­te­ci­panti al piano. Infine dovrebbe essere sta­bi­lito un dispo­si­tivo di coor­di­na­mento — al ver­tice e su scala locale (vedasi il Punto 5).

Piano Indu­striale Orga­nico dovrebbe:
a) Con­si­de­rare la strut­tura orga­niz­za­tiva delle 300–400 imprese,(salvo con­ferma di sta­ti­sti­che appro­fon­dite) impie­gando oltre un terzo dei lavo­ra­tori occu­pati nell'industria.
b) Met­tere in azione un grande piano di con­cen­tra­zione indu­striale in modo da aumen­tare la pro­dut­ti­vità delle indu­strie di cui sopra; pro­dut­ti­vità che, come è noto, è deter­mi­nata anche dalle dimen­sioni degli orga­ni­smi indu­striali e dalla quan­tità della pro­du­zione.
c) Dar vita ad un orga­ni­smo «ad hoc » adatto a reim­pie­gare la mano d'opera resa dispo­ni­bile dall'operazione b). Foca­liz­zare un numero defi­nito di comu­nità del  Mez­zo­giorno aventi suf­fi­ciente omo­ge­neità pra­tica  e demo­gra­fica (appros­si­ma­ti­va­mente 150). Tra­sfe­rire al Sud una quota ele­vata dell'aumento pro­dut­tivo delle indu­strie set­ten­trio­nali, da ele­varsi  in dimen­sioni suf­fi­cienti a garan­tire un alto grado  pro­dut­ti­vi­stico. L'operazione potrebbe essere attuata col tra­sfe­ri­mento ed il rag­grup­pa­mento di una mol­te­pli­cità di indu­strie pic­cole, ovvero con l'enucleazione di cicli pro­dut­tivi orga­nici da indu­strie com­plesse accen­trate. Un'azione com­ple­men­tare di grande impor­tanza dovrebbe inol­tre con­si­stere nel ricer­care, faci­li­tare, pro­muo­vere gli inve­sti­menti pri­vati stra­nieri nelle varie atti­vità là dove l'industria set­ten­trio­nale risulti ina­de­guata o per nuovi pro­dotti inte­res­santi anche la espor­ta­zione in aree da sta­bi­lire (Europa medi­ter­ra­nea, Africa del Nord, Medio Oriente). Tale azione dovrebbe essere con­dotta attra­verso una mol­te­pli­cità di orga­ni­smi di pro­mo­zione ed ini­zia­tiva decen­trati, men­tre un unico uffi­cio cen­trale vaglie­rebbe le con­se­guenze ‘eco­no­mi­che. dei nuovi impianti, non poten­dosi tol­le­rare gli spre­chi deri­vanti da inu­tili dupli­ca­zioni. Inol­tre dovreb­bero essere messi in atto dispo­si­tivi e cor­ret­tivi capaci di eli-minare i danni ormai ben cono­sciuti della . poli­tica autarchica.

3) La stru­men­ta­zione del Piano, pur man­te­nendo sostan­zial­mente le carat­te­ri­sti­che dell'economia di mer­cato indu­striale ita­liana, dovrebbe pre­ve­dere incen­tivi psi­co­lo­gici ed eco­no­mici. Que­sti dovreb­bero pro­muo­vere una poli­tica indu­striale nuova e dina­mica, atta di entu­sia­smo crea­tivo, del tipo di quella che il Pre­si­dente Roo­se­velt insieme con taluni orga­ni­smi indu­striali (il Com­mit­tee for Eco­no­mic Deve­lo­p­ment pre­sie­duto da Paul Hof­mann) seppe ini­ziare ed attua e negli Stati Uniti con la poli­tica del « New Deal ».

Le indu­strie coo­pe­ra­trici dovreb­bero rag­giun­gere obiet­tivi eco­no­mici in con­se­guenza:
a) della con­cen­tra­zione indu­striale, faci­li­tata dai coe­renti prov­ve­di­menti legi­sla­tivi;
b) di mas­sicci inve­sti­menti pro­ve­nienti dall'estero a tassi minori di quelli oggi esi­stenti (l'atmosfera di fidu­cia deri­vante da sif­fatto piano li ren­de­rebbe attua­bili)
c) della cre­scente domanda di beni pro­vo­cata dal ‘aumen­tato  potere di acqui­sto nazio­nale
d) del con­ti­nuo, raf­fi­nato pro­cesso di per­fe­zio­na­mento delle strut­ture tecnico-operative già in atto nelle indu­strie più pro­gre­dite
e) di una più audace cor­rente espor­ta­trice;
f) di prov­ve­di­menti di coor­di­na­mento tra pro­du­zione, espor­ta­zione, e impor­ta­zione al fine di dimi­nuire per il pro­dut­tore i costi di distri­bu­zione, e al con­tempo garan­tire al con­su­ma­tore. Il livello di qua­lità e i prezzi vigenti nel mercato.

4) La poli­tica dei sin­da­cati e la soli­da­rietà di que­sti nella  mar­cia del piano  essen­ziale. Tut­ta­via essa da sola non potrebbe rag­giun­gere gli obiet­tivi senza il mas­sic­cio inter­vento del potere dello Stato, e della sua poli­tica eco­no­mica. l,a poli­tica sala­riale dovrebbe essere lo stru­mento n. 1 del Piano, poi­ché in una prima fase esso do-riebbe essere rivolta a por­tare i salari minimi e medi nelle indu­strie meno pro­gre­dite  al livello di quelli dei gruppi  indu­striali  a  più  alto livello  di  remu­ne­ra­zione.  La  con­cor­renza in Ita­lia non opera, con le sue severe leggi eli­mi­na­trici, data la pos­si­bi­lità con­cessa ad ope­ra­tori eco­no­mici  sca­denti, di rima­nere nel gioco in virtù rii bassi salari. La seconda fase, nella quale dovreb­bero essere rag­giunti  livelli sala­riali, pro­por­zio­nali agli aumenti  pro­dut­ti­vi­stici sarebbe atta a creare una situa­zione  di cre­scete  dina­mi­smo, con effetti d'insospettata rilevanza.

Gli aspetti sociali ciel Piano reste­reb­bero affi­dati alla coo­pe­ra­zione dei lavo­ra­tori e a con­grui stru­menti di rap­pre­sen­tanza demo­cra­tica, ai quali spet­te­rebbe in primo luogo il con­trollo affin­ché  il fina­li­smo eco­no­mico– sociale non venga ad  essere tradito.

La nuove strut­ture demo­cra­ti­che, evi­tando le nazio­na­liz­za­zioni le quali ten­dono ad aumen­tare  il potere dello Stato e a dimi­nuire le garan­zie di libertà, sareb­bero volte ad  intro­durre la par­te­ci­pa­zione effet­tiva di Isti­tuti scien­ti­fici, Uni­ver­sità, Enti ter­ri­to­riali, Fon­da­zioni a fìna­lità scien­ti­fi­che cul­tu­rali  e sociali.

5) L'esperienza della T.V.A. dovrebbe essere lar­ga­mente imi­tata, allet­tata, per­fe­zio­nata. Il con­cetto dovrebbe essere quello di con­fe­rire a sin­gole auto­rità pia­ni­fi­ca­trici aventi giu­ri­sdi­zione sulle zone di cui alla let­tera d) del Punto 2 il coor­di­na­mento in loco tra le sin­gole atti­vità che i sin­goli Mini­steri, gli Enti, i pri­vati, svol­gono sepa­ra­ta­mente Tale era il com­pito pri­mi­tivo dei Pre­fetti. Ma in un secolo le  con­di­zioni sono cam­biate tal­mente che è  assurdo rite­nere che un tale coor­di­na­mento si possa attuare con i vec­chi orga­ni­smi e senza nuove tec­ni­che. Le auto­rità locali di pia­ni­fi­ca­zione, sot­to­po­ste a con­trollo demo­cra­tico, se attuate , fini­reb­bero per dar vita ad una nuova moderna strut­tura  ammi­ni­stra­tiva  la cui man­canza  risulta ormai troppo evidente.

Inol­tre la con­cen­tra­zione degli sforzi sui ter­ri­tori  di  dimen­sioni ridotte  per­met­te­rebbe di con­si­de­rare il pro­blema inte­grale di vita  di una comu­nità in quanto potreb­bero essere por­tati ad un livello più alto i fat­tori sociali ed eco­no­mici, dando luogo ad una sta­bi­liz­za­zione per­ma­nente della comunità.

E inu­tile risol­vile il pro­blema dell'irrigazione  se gli altri pro­blemi dell'agricoltura non saranno risolti. E inu­tile risol­vere i pro­blemi dell'agricoltura e quelli dell'istruzione pro­fes­sio­nale non sono stati  affron­tati. E inu­tile creare indu­strie se con­tem­po­ra­nea­mente i dispo­si­tivi igienico-sanitari e la stessa cul­tura gene­rale non sono por­tati ad un nuovo alto livello.

Tutto  que­sto è pos­si­bile  otte­nere in aree ridotte, con l'enorme van­tag­gio  di poter dimo­strare la vali­dità dei metodo in impianti pilota ed esten­derlo  dopo l'esperimento ad altri territori.

6) Gli impianti-pilota desti­nati ad avviare il Piano, dimo­strarne la vali­dità in attesa che il dispo­si­tivo pre­pari la classe pro­fes­sio­nale, i qua­dri diri­genti e gli stru­menti per il Piano orga­nico di inter­vento totale, dovreb­bero essere posti in azione pre­va­len­te­mente ma non esclu­si­va­mente da una appo­sita sezione dell'IRI orga­niz­zata e strut­tu­rata ai fini dei nuovi com­piti. Altre aziende pri­vate coo­pe­ra­trici dovreb­bero essere invi­tate ad aiu­tare la prima fase del Piano Orga­nico che potrebbe limi­tarsi ad ope­rare in una tren­tina di aree par­ti­co­lar­mente dimesse. o in situa­zioni par­ti­co­lar­mente adatte. Dovrebbe essere eli­mi­nato il cri­te­rio eco­mi­ca­mente assurdo del livel­la­mento cioè di ope­ra­zioni par­ziali ed ina­de­guate su ter­ri­tori troppo vasti. Il piano di inter­vento ini­ziale dovrebbe esa­mi­nare taluni gruppi orga­nici di indu­strie ed ope­rare in stretto col­le­ga­mento con gli Enti peti l'edilizia popo­lare. L'edilizia non  potrebbe essere che parte inte­grante del Piano. Per non mol­ti­pli­care gli Enti si potrebbe uti­liz­zare un Ente esi­stente, quale UNRRA CASAS , ovvero creare una sezione spe­ciale dell'INA-CASA non legata alla legge costi­tu­tiva, ma che si gio­vasse delle note­vo­lis­sime posi­tive espe­rienze. dell'Ente stesso.

7) Gli stru­menti edu­ca­tivi e cul­tu­rali dovreb­bero avere una fun­zione com­ple­men­tare di grande rilievo. Biso­gne­rebbe pun­tare, in modo spe­ciale, sulla crea­zione di orga­ni­smi, oggi lar­ga­mente insuf­fi­cienti nella strut­tura edu­ca­tiva ita­liana, e in par­ti­co­lare di:

1)  Scuole uni­ver­si­ta­rie di busi­ness admi­ni­stra­tion o di– dire­zione degli affari tipo IPSOA (Isti­tuto Post Uni­ver­si­ta­rio per lo Stu­dio dell'Organizzazione Azien­dale) a indi­rizzo rigo­roso e scien­ti­fi­ca­mente valido. Il Paese ne avrebbe biso­gno di almeno una in ogni Regione; ma occorre guar­darsi da solu­zioni inadeguate.

2) Scuole pro­fes­sio­nali di 1° e 2° grado a indi­rizzo moderno per la for­ma­zione  di spe­cia­li­sti (mec­ca­nici, cro­no­me­tri­sti, foto­grafi,  inci­sori, cera­mi­sti, eba­ni­sti, tipo­grafi, trat­to­ri­sti, frut­ti­cul­tori, orti­col­tori, agro­nomi ecc.).Le nuove scuole dovreb­bero avere un livello qua­li­ta­tivo assai più ele­vato di quelle attual­mente in atto, model­lan­dosi sulle scuole can­to­nali sviz­zere e su taluni esempi validi isoli;lai.

3) Scuole di Arte Appli­cata e Dise­gno Indu­striale. Que­ste dovreb­bero rap­pre­sen­tare un grande aiuto all'artigianato ed alla pic­cola indu­stria. Costruite per inco­rag­giare le virtù arti­sti­che del popolo ita­liano, dovreb­bero  avere nuova vita e vigore sti­li­stico, mercé la dire­zione, guida, coo­pe­ra­zione dei migliori arti­sti e  archi­tetti italiani.

4) Isti­tuti regio­nali di psi­co­lo­gia voca­zio­nale atti a vagliare le atti­tu­dini dei gio­vani e faci­li­tare gli studi gli impie­ghi, il per­fe­zio­na­mento lei migliori quando l con­di­zioni sociali e gli stru­menti di sele­zione sco­la­stici non siano suf­fi­cienti alla loro affer­ma­zione. In una parola, la ric­chezza di valori umani latente nel Mez­zo­giorno e troppo spesso ine­spressa per la povertà o man­canza di cul­tura, deve essere con tutti i mezzi sco­perta, esaltata.

5) Scuole di pia­ni­fi­ca­zione per ammi­ni­stra­tori locali. I piani rego­la­tori comu­nali, inter­co­mu­nali e pro­vin­ciali saranno  stru­menti indi­spen­sa­bili di una situa­zione social­mente più evo­luta, arti­sti­ca­mente  più con­sa­pe­vole, cul­tu­ral­mente più com­pleta. I nuovi ammi­ni­stra­tori" (fun­zio­nari ed elet­tivi) dovranno cono­scere le tec­ni­che più pro­gre­dite. Il ricco patri­mo­nio natu­rale ed arti­stico pro­prio delle città e bor­ghi meri­dio­nali, non deve essere minac­ciato dalle nuove tec­ni­che, ma difeso, poten­ziato ed ampliato.

6)  Le linee gene­rali trac­ciate vogliono indi­care a grandi  segni un piano orga­nico di rin­no­va­mento basato sull'industrializzazione come mezzo, ma senza dimen­ti­cale il fine: la pro­mo­zione di una civiltà fon­data sull'armonia dei valori, sul rispetto delle libertà demo­cra­ti­che, sull'autotomia della per­sona. Un piano impo­stato su meri fat­tori eco­no­mici potrebbe fal­lire o por­tare con­se­guenze nega­tive per la società sug­ge­rendo invo­lu­zioni cor­po­ra­tive, sta­ta­li­ste, indi­vi­dua­li­sti­che. Il  piano pren­derà forma ed  ampiezza dal valore, espe­rienza, entu­sia­smo e inte­grità degli uomini ad esso pre­po­sti e dalla misura della col­la­bo­ra­zione che essi rice­ve­ranno dai respon­sa­bili della poli­tica eco­no­mica nazionale.

Adriano Oli­vetti


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