La dinastia degli olivetti in libreria...

Una vita ben spesa

 

Quando l'Autore mi pregò di leg­gere le bozze di que­sto volume, ero con­vinto che si trat­tasse di una  delle diverse bio­gra­fie di Adriano visto sotto i soliti aspetti: l'industriale for­tu­nato, l'emulo delle tec­ni­che ame­ri­cane, il poli­tico morto troppo pre­sto, l'utopista, nel migliore dei casi un "pro­feta disar­mato" alla Savonarola.

Uno che pre­senti l'innalzamento e il crollo del "muro" di Ber­lino, la fine della Balena Bianca, il tra­collo dell'America dei grandi finan­zieri… Si, ma sem­pre fuori tempo mas­simo… Peccato!

La via bat­tuta dall'amico De Rinal­dis è invece diversa, corag­gio­sa­mente nuova… Il secolo che l'Autore, arti­sta fan­ta­sioso com'è, ci fa pal­pi­tare fra le nostre mani, si dile­gua ahimè, nelle neb­bie del tempo.

Le stesse imma­gini con cui l'Autore, com­mosso, cerca di farci cre­dere che ‘I mondo di Adriano, gra­zie al sapiente aggiu­sta­mento ico­no­gra­fico, sia ancora quello delle donne di Cos­sano che dis­se­tano i figli, gli orti, i frut,e_ , gra­zie all'unico pozzo esi­stente al cen­tro del paese, sfuma nel rac­conto romantico…

La stessa sto­ria fa da trama alle riu­nioni delle diverse decine di cen­tri co­munitari, vere "piazze coperte"… A Carema si discute del modo di salvare il cele­bre "vino del re" dal fla­gello della filos­sèra, della pero­nospora. Men­tre a Mon­ta­len­ghe l'esasperata fram­men­ta­zione delle pro­prietà ter­riere, sof­foca ogni ten­ta­tivo di redi­mere la gente della terra dall'umana fatica …

In realtà la sto­ria della nostra gente che vede un Adriano pom­pare acqua dal lago per irri­gare campi, costruire stalle moderne per tutte le muc­che del paese, pro­muo­vere can­tine sociali, finan­ziare decine e decine di coo­pe­ra­tive per tanti pro­blemi, si risolve nel tra­gico rac­conto dell'antica fame della nostra terra…

Una sto­ria vis­suta a cui l'Autore cerca, attra­verso le foto, il con­forto della memo­ria… di una vita di gente pas­sata, ma non per que­sto meno sog­getta alla dia­let­tica del ricordo, a volte dell'amnesia… ma soprat­tutto, e qui sta il pec­cato dell'Autore, di troppo affetto, del biso­gno di redi­mere il ricordo dalle invo­lon­ta­rie defor­ma­zioni, dal biso­gno di far rivi­vere, di fer­mare ciò che, spie­tato, il tempo copre con un velo…

Forse sarebbe neces­sa­rio che anche un uomo, più can­dido delle sue cani­zie, tale è l'Autore, si ras­se­gnasse suo mal­grado, al fatto che la sto­ria è sem­pre la rico­stru­zione di un vero, che non può fare a meno della memo­ria che, umile si accon­tenta di rita­gli che con­for­tano il suo affet­tuoso ricordo, si nutre — come nel caso di Adriano, per lo più di ricordi vaghi… sim­bo­lici, ama con­for­tarci anche con i momenti magici, dove la vita vis­suta tra­scura la logica del tempo, si nutre di cose che rie­sce a far pal­pi­tare, per­ché vogliamo che siano così.

La sto­ria dei fatti, per voler essere di tutti, fini­sce per impal­li­dire i pro­ta­go­ni­sti… di esser di nessuno.

Viene quindi da chie­dersi, come mai a tanti anni dalla morte di Adriano, non si è ancora tro­vata terra suf­fi­ciente per can­cel­lare il suo ricordo?… Sono decine i libri che si osti­nano a spie­gare chi era quell'uomo che "cer­cava l'anima fin nelle mac­chine" che pre­senti la nascita di un mondo nuovo… E che con­ti­nua ad indurre decine e decine di gio­vani a dedi­car­gli le loro tesi di laurea!

La memo­ria affet­tiva, quella dell'Autore che, con tre­pide mani, con­serva la tre­mula fiamma del ricordo, è la sola, secondo chi è vis­suto per anni accanto ad Adriano, capace di con­se­gnare al domani, una verità che il tempo non cancellerà.

Vico Avalle